La materia silenziosa: l’alfabetizzazione emotiva dovrebbe essere importante quanto la matematica nella scuola media?

La materia silenziosa: l’alfabetizzazione emotiva dovrebbe essere importante quanto la matematica nella scuola media?

Immagina questa scena del celebre film Pixar Inside Out. La giovane Riley si trasferisce in una nuova città e veniamo portati dentro la sua mente, dove osserviamo le sue emozioni principali: Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto, che si contendono il controllo mentre cercano di orientarsi nella sua nuova e travolgente realtà. Il film illustra brillantemente ciò che la scienza conferma: il nostro mondo emotivo non è separato dal nostro apprendimento; è il fondamento su cui poggia ogni funzione cognitiva.

Eppure, in molte scuole medie di tutto il mondo, questo vivace e complesso mondo interiore rimane la “materia silenziosa”. Mentre registriamo meticolosamente i progressi in matematica e scienze, lo sviluppo della alfabetizzazione emotiva, la capacità di capire e gestire le proprie emozioni, empatizzare con gli altri e prendere decisioni responsabili, è spesso lasciato al caso, o peggio, liquidato come una “soft skill” secondaria rispetto al rigore accademico.

Questo solleva una domanda provocatoria per i nostri ragazzi di 11-14 anni: concentrarsi sul benessere è davvero una “soft” skill, o è la base essenziale e imprescindibile per qualsiasi apprendimento significativo durante gli anni turbolenti dell’adolescenza?

Il divario globale: curricoli sullo sviluppo emotivo

Esaminiamo approcci contrastanti all’integrazione (o alla trascuratezza) della alfabetizzazione emotiva:

Il modello “Content-First” (ad es. curricoli tradizionali italiani e russi): Storicamente, sistemi educativi come quelli in Italia e Russia hanno privilegiato la conoscenza disciplinare approfondita e contenuti accademici rigorosi. Il curriculum è strutturato meticolosamente attorno a materie come letteratura, storia, matematica e scienze. Sebbene l’educazione al carattere possa essere presente, l’istruzione formale ed esplicita nelle competenze di Social Emotional Learning (SEL) è spesso implicita, data per scontata o delegata ai genitori. L’attenzione è rivolta quasi esclusivamente allo sviluppo intellettuale, con l’aspettativa che la maturità emotiva seguirà automaticamente.

Il modello dello sviluppo olistico (ad es. IB Middle Years Programme, scuole nordiche moderne): In netto contrasto, programmi come l’IB Middle Years Programme (MYP) integrano il benessere e lo sviluppo socio-emotivo come componenti centrali ed esplicite. Le Approaches to Learning (ATL) del MYP includono specificamente competenze di gestione di sé (affettive e riflessive) e competenze sociali (collaborazione), insegnate, praticate e valutate direttamente. Analogamente, i moderni sistemi educativi nordici danno priorità al benessere e alla resilienza degli studenti, riconoscendoli come prerequisiti del successo accademico, non come conseguenze di esso.

Il modello competitivo (ad es. alcuni sistemi dell’Asia orientale, alcune linee A-Level): In contesti altamente competitivi, l’intensa pressione per ottenere risultati accademici (ad esempio, per accedere alle migliori università tramite A-Levels o esami simili) può involontariamente eliminare il tempo dedicato all’apprendimento emotivo. Sebbene disciplina e resilienza vengano certamente coltivate, l’insegnamento esplicito della regolazione emotiva o dell’empatia può passare in secondo piano rispetto alla padronanza delle materie, contribuendo potenzialmente alle sfide di salute mentale discusse nel nostro articolo precedente.

L’imperativo scientifico: perché il SEL è imprescindibile

Le neuroscienze confermano che l’adolescenza (11-14 anni) è un periodo di profondo sviluppo cerebrale, in particolare nelle aree associate a emozioni, cognizione sociale e processo decisionale. È il momento in cui i giovani sono più vulnerabili ai problemi di salute mentale, ma anche quello in cui possono costruire in modo più efficace i meccanismi di coping fondamentali.

Organizzazioni leader come CASEL dimostrano con solide evidenze che programmi SEL ben implementati portano a:

  • Migliori risultati accademici: studenti con forti competenze SEL registrano voti più alti e migliori risultati nei test standardizzati.
  • Riduzione dei problemi comportamentali: meno aggressività e un clima di classe più positivo.
  • Maggiore benessere: tassi più bassi di depressione, ansia e stress.
  • Successo a lungo termine: migliori risultati in università, lavoro e vita.

Questi non sono risultati “soft”; sono dati concreti sulla capacità delle persone di prosperare in futuro. Insegnare le equazioni quadratiche a un adolescente è fondamentale; forniregli gli strumenti per gestire l’ansia prima di un compito, risolvere un conflitto con un amico o comprendere la prospettiva di un altro lo è forse ancora di più.

Domande da porci

Ai genitori: Quando valutate una scuola media, chiedete informazioni sui curricoli SEL espliciti e sul supporto alla salute mentale, oppure vi concentrate solo sui risultati accademici e sui percorsi universitari?

Agli insegnanti: In che modo stiamo creando intenzionalmente spazio, in un curriculum già fitto, affinché gli studenti possano comprendere il proprio “Inside Out”, dare un nome alle emozioni, navigare le complessità sociali e costruire resilienza?

Ai leader scolastici: Stiamo promuovendo l’alfabetizzazione emotiva come competenza accademica e di vita fondamentale, investendo nella formazione dei docenti e in un tempo curricolare dedicato? Oppure stiamo perpetuando il pericoloso silenzio attorno a una materia che plasma tutto il resto?

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